Com’è noto, la Camera ha accordato la fiducia al Governo sul Decreto recante disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) fra le quali è stato anche introdotto un emendamento (formulato dai Senatori Fassina e Stumpo di Liberi e Uguali e da Mandelli di Forza Italia) che prevede un vincolo alla operatività delle polizze assicurative a copertura della responsabilità civile professionale, condizionandola all’adempimento, da parte dell’assicurato, di almeno il 70% degli obblighi formativi previsti dal piano di formazione continua del triennio 2023-2025 (art. 38 bis DL n. 152 del 6.11.2021, convertito in legge n. 233 del 29.12.2021)

Più precisamente, l’Art. 38-bis. – rubricato (“Disposizioni in materia di formazione continua in medicina”) – stabilisce: “1. Al fine di attuare le azioni previste dalla missione 6 del Piano nazionale di ripresa e resilienza, relative al potenziamento e allo sviluppo delle competenze tecniche, digitali e manageriali del personale del sistema sanitario, a decorrere dal triennio formativo 2023-2025, l’efficacia delle polizze assicurative di cui all’articolo 10 della legge 8 marzo 2017, n. 24, è condizionata all’assolvimento in misura non inferiore al 70 per cento dell’obbligo formativo individuale dell’ultimo triennio utile in materia di formazione continua in medicina”.

La norma crea tutta una serie di problemi interpretativi che, per essere adeguatamente compresi, richiede una breve analisi dei presupposti normativi in merito all’obbligo di formazione ed aggiornamento professionale sanitario incentrato, come noto, sul sistema dell’Educazione Continua in Medicina.

L’emergenza pandemica ha ulteriormente evidenziato l’importanza della formazione e dell’aggiornamento professionale dei professionisti sanitari e di come questi percorsi siano uno strumento fondamentale, per garantire a tutti i pazienti la qualità delle cure e la migliore assistenza possibile.

Siccome un obbligo può ritenersi tale solo se viene corredato da relativa sanzione, l’art. 3, comma 5, lett. b) della legge 148/2011 prevede: “La violazione dell’obbligo di formazione continua determina un illecito disciplinare e come tale è sanzionato sulla base di quanto stabilito dall’ordinamento professionale”. A supporto del principio, nello stesso anno, la Corte di Cassazione (sentenza n. 2235/2011) ha affermato che il mancato aggiornamento professionale comporta un danno al decoro e al prestigio della professione, quindi è giusto che il mancato rispetto delle norme in tema di formazione continua sia soggetto alle stesse sanzioni previste in caso di gravi errori tecnici.

Quanto al ruolo riconosciuto sul punto alle Strutture ospedaliere, sempre la Corte di Cassazione (sentenza n.21817/2011) ha stabilito che non sussiste a carico delle Asl l’obbligo di predisporre e organizzare corsi di aggiornamento e formazione per i propri dipendenti: è il professionista sanitario che deve provvedere a garantire il rispetto dei suoi obblighi formativi.

Nel 2013 il Consorzio Gestione Anagrafica delle Professioni Sanitarie (COGEAPS) e la Commissione Nazionale ECM hanno, infatti, definito una serie di regole quanto alla corretta registrazione e trasmissione dei crediti ECM dagli Ordini di appartenenza al COGEAPS.

A completamento del quadro normativo di riferimento, anche i vari Codici deontologici adottato dalle Federazioni delle Professioni Sanitarie declinano la rilevanza dell’aggiornamento e della formazione professionale qualificandolo come preciso dovere di ogni professionista sanitario e fonte di responsabilità disciplinare.

Come riportato, la Legge 148/2011 prevede che la violazione del dovere di aggiornamento deve essere qualificata come “illecito disciplinare” e la successiva Legge 3/2018 ha posto le basi normative per la riforma dei codici deontologici e del procedimento amministrativo per l’accertamento delle relative violazioni.

Il 23 novembre 2017, infine, è stato pubblicato l’Accordo, sancito in sede di Conferenza Stato-Regioni recante “La Formazione Continua nel settore Salute”, il cui art. 21 stabilisce che gli Ordini e le rispettive Federazioni nazionali vigilino sull’assolvimento dell’obbligo formativo dei loro iscritti (lett. a) ed emanino, ove previsti dalla normativa vigente, i provvedimenti di competenza in caso di mancato assolvimento dell’obbligo formativo (lett. b).

Tutto ciò premesso, in questo quadro normativo, è stato inserito il su citato art. 38-bis il quale desta numerose perplessità applicative, al punto da considerarsi di difficile (se non impossibile) applicazione. Innanzitutto, leggendo la norma si evince che questa disposizione potrà trovare applica- zione solo a partire dal gennaio 2026. Infatti, si afferma, che essa opererà solo dopo che si sarà esaurito il primo triennio di decorrenza ivi indicato (“a decorrere dal triennio formativo 2023-2025”) e che sarà riferita “all’obbligo formativo individuale dell’ultimo triennio utile” (cioè: il 2023-2025). Ne consegue che, come detto, nessuno potrà contestare nulla sotto il profilo assicurativo sino al 2026.

Scendendo, poi, negli aspetti più operativi e concreti, non si capisce, invece, quale sia l’intenzione del legislatore soprattutto ponendo l’attenzione alla relazione esistente tra il tempo del sinistro e il triennio formativo ritenuto utile e rilevante dalla norma.

Più precisamente. Come è noto, tutte le polizze assicurative di RC Pro- fessionale operano in Claims Made: cioè si è coperti dall’assicurazione che si ha attiva quando, per la prima volta, si riceve una richiesta di risarcimento danni. Inoltre, le azioni civili nei confronti dei professionisti sanitari si prescrivono in 10 anni (se liberi professionisti) o in 5 anni (se dipendenti) e questi termini decorro- no dal momento in cui emerge il danno: quindi può passare anche un lungo tempo rispetto al giorno dell’atto sanitario da cui è derivata la richiesta di risarcimento.

Ciò premesso, quando la norma richiede la presenza di crediti sufficienti nell’”ultimo triennio utile”, ci si chiede se si intenda fare riferimento al momento in cui si apre il sinistro (cioè al momento in cui si riceve per la rima volta la richiesta di risarcimento del danno) o al momento – molto precedente – in cui è stato commesso il danno?

Nella scarsa chiarezza da parte del legislatore, non essendo espressamente prevista la retroattività della nuova disposizione, sembrerebbe più verosimile che tale adempimento debba essere relativo ad entrambi i momenti: cioè il professionista sanitario dovrà avere crediti sufficienti sia relativamente al triennio precedente (quindi dal 2026), che relativi a richieste di risarcimento che vengano ricevute sempre in un momento successivo al 2026. Ancora non è chiaro se il riferimento alle “polizze assicurative di cui all’articolo 10 della legge 8 marzo 2017, n. 24”, viene inteso come riferito solo ai professionisti sanitari o se sarà da ritenere esteso anche alle strutture sanitarie, pubbliche o private assicurate (sempre secondo il citato art. 10 L 24/2017) che, nell’adempimento delle loro obbligazioni con i pazienti, utilizzano dei professionisti che difettano di crediti formativi: quindi l’assicuratore del- la struttura sanitaria potrà rifiutare la copertura qualora questa utilizzi al proprio interno dei professionisti che non hanno sufficienti crediti formativi? E, in tal caso, le strutture che dovranno utilizzare le proprie risorse per far fronte a questa esposizione economica, potranno poi rivalersi nei confronti dei loro dipendenti che hanno utilizzato senza controllare che questi fossero adeguatamente formati?

Inoltre, ci si chiede chi controllerà il rispetto dei crediti maturati? In che forma? Con quale frequenza? Quale sarà il rapporto esistente fra il controllo (pubblico) dell’assolvimento agli obblighi formativi e l’operatività della polizza assicurativa che è un contratto fra privati? Ancora: chi applicherà le disposizioni contenute nella Legge 3 del 2018 e le relative sanzioni? E nel caso in cui il professionista sanitario avesse svolto la propria attività professionale in assenza dei crediti richiesti, ma senza essere stato assoggettato alle relative sanzioni disciplinari (la sospensione), ci sarà una corresponsabilità da parte degli organi di controllo (l’Ordine dei medici di competenza), nel caso in cui il risarcimento del paziente non possa avere soddisfazione a causa della disposizione in esame?

Nel caso di attività in équipe, in cui uno dei professionisti è carente sotto il profilo formativo, cosa succederà nel caso di condanna in solido? L’assicuratore del professionista ben formato potrà manifestare delle eccezioni di operatività?

Ed infine occorre chiedersi, laddove venissero chiarite queste criticità, chi sarà la parte lesa qualora un cittadino vedesse allontanare la possibilità di essere risarcito con le garanzie tutelate da un sistema assicurativo? Non era, forse, più semplice sottolineare il ruolo degli Ordini professionali quali organi sussidiari dello Stato? Questi, esercitando la loro funzione istituzionale possono, infatti, sospendere il professionista non in regola con gli obblighi formativi dall’esercizio dell’attività professionale, garantendo al contempo, per l’esercente regolarmente attivo, l’adempimento dell’obbligo e, quindi, l’efficacia della copertura assicurativa a tutela dei pazienti e del diritto di rivalsa delle strutture.

Queste sono solo alcune delle eccezioni possibili alla operatività della norma che, ancora una volta, viene emanata da una classe politica distratta che, ancora una volta, con assoluta superficialità emana norme inutili, illogiche e sproporzionate al solo scopo di spaventare i professionisti sanitari.

Concludendo, la formazione e l’aggiornamento professionale dei professionisti sanitari è un aspetto fondamentale ma, come espressamente previsto dalla legge, devono essere gli Ordini professionali a farsi carico di controllare non solo l’adempimento all’obbligo formativo da parte dei loro iscritti, ma anche l’effettiva qualità della formazione che viene proposta.

Il tema della qualità della formazione è fondamentale, ma assolutamente trascurato e oggi in medicina si riconoscono pochi crediti formativi ad eventi di altissima qualità e fondamentali per la formazione del professionista sanitario, mentre si attribuiscono molti crediti ad eventi marginali se non del tutto inutili.