Malore del cane. Il veterinario gli somministra una terapia per puntura di calabrone, ma il morso è di una vipera. In poche ore il cane entrava in coma e moriva.

Il proprietario ha portato il veterinario davanti al giudice di pace, chiedendo la condanna al risarcimento del danno subito a causa del decesso dell’animale, indotto dall’errata diagnosi. Il giudice respingeva la domanda che, invece, veniva accolta in appello dal Tribunale di Arezzo che condannava il veterinario al risarcimento di 2.000 euro oltre accessori e spese.

Il veterinario ricorreva, quindi, per Cassazione, dolendosi dell’insussistenza del nesso causale tra il comportamento da lui adottato nella specie e la morte dell’animale. Ma la Suprema Corte non ha avuto dubbi: le statuizioni di merito sono corrette e il ricorso è inammissibile.

Il fatto controverso veniva dal Veterinario ricorrente individuato nella insussistenza dell’affermato nesso causale sotto i seguenti profili:

  • tanto la puntura di calabrone quanto il morso di vipera andavano trattati con cortisone, come da lui somministrato;
  • il siero antiofidico, reperibile solo nelle farmacie ospedaliere per uso umano, era notoriamente poco efficace sugli animali;
  • per stessa ammissione del proprietario, il cane era stato da lui portato in ambulatorio diverse ore dopo il primo malore;
  • poiché il cane era risultato vigile, non sussistevano i presupposti per somministrargli soluzione fisiologica in flebo;
  • la scelta di riportare il cane a casa, invece di lasciarlo in osservazione in ambulatorio, era stata presa consapevolmente dal proprietario;
  • doveva ritenersi inconferente la deposizione di un teste, anche perché assunta dal tribunale a distanza di sei anni dai fatti di causa.

Inammissibile per la Cassazione questa valutazione probatoria che, per la Corte, “non evidenzia il passaggio motivazionale nel quale si concreterebbe l’omessa o insufficiente motivazione, ma si limita a contrapporre tutta una serie di circostanze di fatto (idoneità della terapia cortisonica; inefficacia del siero antivipera; insussistenza dei presupposti della terapia mediante soluzione fisiologica; ritardo nella richiesta di intervento; rifiuto da parte del proprietario del trattenimento dell’animale in osservazione ambulatoriale) che, dovrebbero asseritamente indurre il capovolgimento del giudizio di responsabilità medico – veterinaria“. Già per il Tribunale, anche tenuto conto del teste, c’era “l’effettiva responsabilità del veterinario – la cui negligenza era consistita, sulla scorta delle risultanze istruttorie conseguite: – nell’aver erroneamente diagnosticato una puntura di calabrone anziché un morso di vipera, e nell’aver conseguentemente trascurato di adottare tutte le cautele che si imponevano per tentare di salvare l’animale da questo ben più grave evento (potenzialmente, ma non necessariamente, letale); – nel non aver, in particolare, tenuto il cane in debita osservazione per assicurargli le cure necessarie ad evitargli la morte; cosa che, se fosse stata fatta, avrebbe reso evidente che l’animale, anziché riprendersi come avrebbe dovuto se fosse stato semplicemente punto da un calabrone, si aggravava sino a giungere, in poche ore, allo stato di coma“.

Ritenendo il ragionamento seguito dal giudice d’appello “coerente e sufficientemente lineare“, la Cassazione ha ribadito, infatti, l’orientamento consolidato secondo il quale, la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità “la sola facoltà di controllare, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico- formale, le argomentazioni svolte dal giudice di merito; al quale spetta in via esclusiva il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti“. 

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