I principi del Codice Penale soccorrono i Giudici della Suprema Corte

Cass. civ., Sez. III, 19 gennaio 2016, n. 768

 

A .cura del Presidente del Comitato Tecnico Scientifico.

 

Il Tribunale, decidendo con sentenza sulla domanda proposta da D.E. nei confronti della G.L. e del terzo chiamato Dr. F.M., per il risarcimento dei danni conseguenti ad errata e/o negligente prestazione sanitaria, rigettava la domanda, pur in presenza di accertati postumi invalidanti nella misura del 30-35%, ritenendo che non fosse stata raggiunta adeguata prova in termini di ragionevole certezza della sussistenza del nesso causale fra il ritardo nell’effettuazione dell’intervento di erniectomia praticato all’attrice e i danni in questione.

La decisione veniva parzialmente riformata dalla Corte di Appello, la quale accertava e dichiarava la responsabilità della G.L. nella causazione dei postumi lamentati dall’appellante e la condannava a corrispondere alla medesima, a titolo risarcimento danni, la somma di € 150.321,50 oltre a rivalutazione monetaria alla data della sentenza e interessi da calcolarsi previa devalutazione secondo gli indici ISTAT costo vita dalla data del sinistro al saldo.

Avverso detta sentenza proponeva ricorso per Cassazione la G.L.

Secondo la Cassazione – che rigettava il ricorso – le conclusioni assunte dai Giudici di secondo grado risultano coerenti con la consolidata giurisprudenza della Suprema Corte, secondo cui: a) i principi generali che regolano la causalità materiale (o di fatto) sono anche in materia civile quelli delineati dagli artt. 40 e 41 cod. pen. e dalla regolarità causale; b) ciò che differenzia l’accertamento del nesso causale in sede penale ed in sede civile è la regola probatoria, valendo per il primo il principio dell’ “oltre ogni ragionevole dubbio”, mentre nel secondo vale il principio della preponderanza dell’evidenza o “del più probabile che non”, fermo restando che la regola della “certezza probabilistica” non può essere ancorata esclusivamente alla determinazione quantitativa-statistica delle frequenze di classe di eventi (c.d. probabilità quantitativa), ma va verificata riconducendo il grado di fondatezza all’ambito degli elementi di conferma disponibili nel caso concreto (c.d. probabilità logica).

Nella fattispecie, i Giudici hanno risolto la relativa problematica lungo le direttrici segnate dalle Sezioni Unite, segnatamente con le sentenze 30 ottobre 2001, n. 13533 e 11 gennaio 2008 n. 577, muovendosi nell’ottica che l’inadempimento rilevante nell’ambito dell’azione di responsabilità per risarcimento del danno nelle obbligazioni c.d. “di comportamento” – coincidenti con quelle tradizionalmente definite di mezzi, in cui è la condotta del debitore ad essere dedotta in obbligazione – non è qualunque inadempimento, ma solo quello, per così dire, “vestito”, e cioè astrattamente efficiente alla produzione del danno.

In conclusione, la Corte di Appello non si è limitata a dar conto della frequenza statistica dell’eventuale esito negativo in caso di intervento eseguito in emergenza chirurgica o anche solo nelle ventiquattro ore, ma ha verificato tutte le circostanze del caso concreto (individuazione del c.d. “punto zero”, chiarezza della sintomatologia sin dal momento del ricovero, ritardo nell’iter diagnostico e nel conseguente intervento chirurgico), pervenendo al convincimento che l’intervento, nella specie, venne eseguito più di quarantotto ore dopo il ricovero e, quindi, ben oltre il timing ottimale, con la conseguenza che alla paziente risultava essere stato negato l’accesso a quella “elevata probabilità” di guarigione del tutto esente da postumi, che, in caso di tempestivo intervento, avrebbe avuto.