Cass. pen., Sez. IV, 28 aprile 2014, n. 17801
In tema di colpa medica – afferma la Corte di Cassazione – il rifiuto di cure mediche consiste nel consapevole e volontario comportamento del paziente, il quale manifesti in forma espressa, senza possibilità di fraintendimenti, la deliberata ed informata scelta di sottrarsi al trattamento medico. Consapevolezza che può ritenersi sussistente solo ove le sue condizioni di salute gli siano state rappresentate per quel che effettivamente sono, quanto meno sotto il profilo della loro gravità.
Nella specie, una donna era deceduta a causa di un linfoma di Hodgkin giunto ad uno stadio assai avanzato, che non era mai stato diagnosticato dal medico curante della medesima, nonostante le visite mediche da questi eseguite, nel corso delle quali la patologia era stata riconoscibile, sia in ragione dell’esito offerto dai mezzi diagnostici qualora attivati, sia per i presenti segni fisici esteriori della malattia, se correttamente rilevati. Per contro, solo in occasione della prima visita il medico aveva prescritto una radiografia del torace, peraltro indicata come da compiersi successivamente; mentre nel complesso egli si era orientato per l’origine psicologica dei disturbi lamentati dalla paziente.
Pertanto, al medico è stato attribuito di non aver diagnosticato la malattia, che qualora tempestivamente accertata avrebbe potuto essere contrastata adeguatamente, sino alla sua risoluzione.
Una particolare attenzione è stata portata dai giudici alla tesi difensiva del rifiuto delle cure da parte della paziente; tesi per la quale nelle ultime settimane di vita la donna avrebbe volontariamente evitato qualunque terapia.
I giudici hanno ritenuto infondata tale prospettazione. Infatti, la donna aveva appreso dal medico che le proprie condizioni di salute non avevano base organica e “confidava nella sostanziale esattezza della salutazione del dr. … e riteneva inutile andare da altri specialisti”.
Di rifiuto di cure – spiegano i giudici – può parlarsi quando il medico ha fatto una corretta ipotesi diagnostica e ciò nonostante il paziente si è sottratto alla prescrizione degli accertamenti e delle terapie. Nel caso in esame, invece, la patologia non era mai stata diagnosticata.